Per il secondo episodio della serie di interviste e (prestissimo) podcast "Alla ricerca del Corporate Wellness", abbiamo incontrato Valerio Forconi, Talent Acquisition e EB Specialist in SACE, che si occupa di attrarre e portare persone in azienda, in modo trasversale.
Con Valerio abbiamo spaziato dall'Employer Branding, alla Comunicazione Interna, dalle riflessioni sul phygital all'importanza da non sottovalutare della sfera dell'intrattenimento. Ma sempre con un fil rouge che ci accompagnava: il People Caring, il prendersi cura delle proprie persone.
Alice Manzoni: Sulla tua headline di Linkedin si legge: “Human APP-roach”, “#sharefulness Ambassador” e “Music addicted”. Cosa ci dicono queste parole del tuo approccio al mondo HR?
"Sono effettivamente parole che la dicono lunga: APP-Roach significa la mia vicinanza all’approccio digitale, aprirsi al cambiamento costante e a quello che la tecnologia può offrirci, quindi avvicinarsi sempre di più alle metodologie agili ma senza dimenticarsi mai la centralità della persona. Pensare sempre a qualcosa che parte dalla centralità dell’uomo, e farlo attraverso l’apporto della tecnologia.”
Sharefulness ambassador per Valerio significa credere fortemente nel potere della condivisione delle informazioni. Secondo Valerio, in questo momento storico, ancora più di prima infatti, l’informazione porta con sé un valore abilitante che permette di lavorare nella quotidianità con maggiore efficienza e velocità. La struttura “a silos” rischia di rallentare eccessivamente i processi obbligando le persone a continue richieste di informazioni che rallentano i processi e l’attività lavorativa.
Infine, ci racconta Valerio, music addicted perché la musica è la sua passione da anni, anzi da anni sperava che potesse essere il suo principale lavoro. Non essendo potuto essere così, gli piace credere di poter portare nella sua quotidianità lavorativa lo stesso entusiasmo, quel tipo di motivazione e sensazione; gli piacerebbe che l’HR lasciasse nelle persone lo stesso effetto che fa un concerto: andare via dopo un colloquio o una call sentendosi arricchito, sentendo che ci si è cibati di qualcosa in più.
Negli ultimi anni ti sei occupato principalmente di Talent Acquisition e Employer Branding, quali sono secondo te gli elementi irrinunciabili di una strategia di Employer Branding efficace?
Secondo Valerio nel progettare una buona strategia di Employer Branding non si può fare a meno di tenere in considerazione il concetto di phygital, ovvero la costante e intensa interazione tra fisico e digitale che caratterizza il nostro tempo.
Anche quando ci si confronta con i candidati, con le persone che si approcciano alla nostra realtà organizzativa, presentare la possibilità di un approccio ibrido è un valore aggiunto non indifferente, che, ci racconta Valerio, in SACE riconoscono e valorizzano, attraverso la partecipazione all’attività in presenza in ufficio ma anche con la possibilità dello smart working.
In questo momento dare entrambe le opportunità o addirittura prevedere una possibilità mista è la cosa più intelligente e realisticamente vicina alle necessità delle persone, che non sono tutte uguali e che vanno rispettate in ogni caso. Per questo motivo, ci racconta Valerio, per esempio hanno progettato sia Career Day totalmente online, che totalmente in presenza, che quelli con un format phygital.
“Il futuro dell’Employer Branding e delle fasi successive, importanti quanto la fase di attrazione, è sicuramente nel phygital, e questo significa tra le altre cose non dare per scontata l’efficacia del digitale, non farsi prendere dall’entusiasmo degli estremi, perché richiedere costantemente una presenza online rischia di avere forti ricadute sulla salute delle persone.”
Un esempio banale - ma secondo Valerio - estremamente chiaro: non si tiene più in considerazione la pause per andare al bagno: capita fin troppo spesso di ritrovarsi le agende piene di call, in cui non si fa in tempo a finire la call precedente che sta già iniziando quella successiva e giustificare un ritardo per una call online sembra sempre irreale e non veritiero; quindi da una parte il digitale va sicuramente umanizzato, attraverso lo “human approach” di cui parlavamo prima, dall’altra è vero allo stesso modo che c’è bisogno che cambi il modo in cui viene intesa la presenza fisica, perché non ha più senso andare in ufficio per poi stare tutto il tempo in call.
Chiaramente ci sarà bisogno di tempo per permettere i vari adeguamenti, bisognerà prevedere per esempio un sistema di prenotazione delle scrivanie che sia efficiente, però è importante dare al lavoro in presenza un senso diverso.
Quindi continua Valerio, la sfida è duplice: trasmettere fisicità nel digitale e dare senso al lavoro in presenza, quel senso in più che fa venire voglia di andare effettivamente a lavoro, considerando gli eventuali spostamenti e costi aggiuntivi che questo potrebbe comportare.
Già dai primi tempi della pandemia si è iniziato a sentir parlare sempre più spesso di “People Caring”: secondo te dove si colloca l’HR in questo nuovo contesto? Quali sono le nuove responsabilità che sta acquisendo?
Valerio ci dice che questo è un concetto che sta cambiando molto velocemente. Prima voleva dire molto, ma oggi vuol dire ancora di più, perché oggi una persona che si ritrova a casa, magari da sola, in condizioni non sempre ottimali, va ingaggiata non necessariamente di più, ma sicuramente in maniera diversa.
Valerio ci racconta di avere il piacere di stare in un’azienda in cui People Caring era qualcosa che aveva un senso anche prima del covid, è quindi qualcosa che è nel dna dell’organizzazione e non è solo un atteggiamento che si è scelto di assumere negli ultimi due anni.
In SACE sviluppano attività dedicate all’orientamento liceale e universitario, organizzano un master con il ruolo di formare i genitori, oppure ancora hanno cercato di aumentare la prossimità con le persone aprendo uno sportello di ascolto e attraverso pillole formative offrono assistenza e formazione sul benessere fisico e mentale, attraverso studi autorevoli e promozione di iniziative e attività relative all’attività fisica da fare anche in gruppo.
Nel momento in cui la loro palestra per esempio non era più agibile per ovvi motivi hanno promosso attività fisica anche in digitale.
“Queste attenzioni permettono che il concetto di People Caring si ampli e abbia maggior respiro, permettendo inoltre che le persone si sentano effettivamente coinvolte a 360 gradi: supportate e sostenute durante l’orario lavorativo ma non dimenticate e abbandonate una volta uscite dall’ufficio o spento il pc. Il risultato sono persone, collaboratori e colleghi, nutriti e arricchiti.”
Una delle sfere più trasformate dal periodo di remote working forzato, è sicuramente quella della comunicazione interpersonale: webcam a bassa risoluzione, connessioni che saltano, telecamere e microfoni per la maggior parte spenti, linguaggio del corpo praticamente assente. Come si riflette tutto questo sulla comunicazione interna di un’organizzazione e soprattutto sull’ingaggio e il coinvolgimento delle persone?
All’interno di questo contesto appena delineato, è chiaro che anche la natura della funzione della comunicazione interna è notevolmente cambiata ed evoluta.
Da una parte perché negli ultimi due anni spesso è stato l’unico modo per avere notizie certe e costantemente aggiornate anche senza la pausa alla macchinetta o il passaparola, dall’altra perché è diventato un canale comunicativo bidirezionale, in quanto è aumentata l’importanza di ricevere feedback, di qualsiasi natura, anche da parte dell’azienda stessa.
“La comunicazione interna ha assunto quindi un’importanza primaria e multidimensionale, perché se prima significava trasmettere comunicazioni per lo più ufficiali e istituzionali, ora diviene uno strumento altamente propositivo, utilizzato per proporre iniziative formative, di sviluppo o anche iniziative ludiche, perché non bisogna dimenticare che anche l’entertainment è fondamentale.”
Tra questa tipologia di attività, Valerio ha avuto il piacere di organizzare e progettare per esempio, una specie di band aziendale: “abbiamo raccolto decine e decine di clip audio e video che poi abbiamo montato insieme, creando una canzone tutti insieme.”
Un risvolto esclusivamente ludico ma che ha regalato reali momenti di partecipazione, condivisione e coinvolgimento tra colleghi che magari non si erano ancora mai conosciuti e hanno potuto così scoprire un motivo in più di vicinanza non necessariamente legato al business o agli obiettivi aziendali che non dovrebbero rappresentare il fulcro centrale di nessuna persona e relazione.
Abbiamo affrontato da diversi punti di vista come il covid ha impattato su differenti funzioni legate al lavoro dell’HR. Ma invece come ha impattato sull’HR stesso? Quale attitudine non può mancare all’HR post pandemia?
Valerio ci dice che secondo lui un approccio che sta prendendo troppo spazio e che è difficile abbandonare dopo la pandemia, è l'approccio risolutivo o reattivo, che si attiva cioè solo come re-azione: “C’è il covid? Cosa facciamo? Come risolviamo? Il lockdown è finito, come si torna alla normalità? Come si reagisce al post covid?“.
Mentre invece prima della reazione dovrebbe esserci uno step fondamentale: domandare.
“L’HR deve domandare, un po’ come quando si va al ristorante: non è il cameriere che ti dice “ok, tu ordini una pizza!” ma ti chiede “cosa vorresti mangiare?” Quindi la prima competenza deve essere l’interesse e l’ascolto attivo e costruttivo. Posso pensare e immaginare cosa le persone di un’azienda stiano cercando e si aspettino, ma se non glielo domando non saprò mai con certezza quanto la mia supposizione coincida con la realtà.”
Trattare le persone in azienda da adulti - quali effettivamente sono - significa chiedere e ritenere le persone in grado di valutare e scegliere in base ai propri bisogni. Chiaramente questo non significa che si possa fare sempre e esattamente ciò che ci viene chiesto, ma domandare e proporre prima di imporre sono step fondamentali.
Secondo te cosa significa “Corporate wellness” e quali sono i suoi elementi imprescindibili?
Secondo Valerio le persone cercano naturalmente di stare bene e di stare serene, quindi riuscire a dare alla persona un senso di serenità il più a lungo termine possibile, riuscire a trasmettere sempre un piano chiaro che la pone al centro delle nostre attenzioni e che gli mostri esattamente quali sono gli strumenti che gli vengono dati a disposizione per arrivare ad una serie di obiettivi potenzialmente decisi insieme.
Dato questo come assunto di base, dice Valerio:
“ tutto il resto è Corporate Wellness: quindi mentre sei in viaggio verso questi obiettivi, il nostro obiettivo è quello di farti fare umanamente e personalmente il viaggio migliore possibile. Corporate wellness quindi è tutto ciò che rende agevole il viaggio condiviso, attraverso attività e iniziative che promuovano sia benessere fisico che mentale, cercando di includere i bisogni e i desideri di tutti, lasciando la libertà di partecipare nella misura in cui ci si sente effettivamente ingaggiati.“
Ovviamente da parte dell’azienda possono esserci degli stimoli, ma l’importante è che nascano sempre da necessità esplicite ed espresse, altrimenti rischia di essere solo un’imposizione inutile.
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